Non tutte le ciambelle riescono col buco…
Sicuramente durante le vostre vacanze l’avrete gustata a colazione sul nostro buffet o come dolce a fine di una delle nostre cene romagnole.
Ecco, oggi vogliamo farvi scoprire la storia di questa ricetta, fatta di luoghi, persone e antichi usi della nostra amata terra.
Cucinato con ingredienti semplici e genuini, questo dolce è sempre stato un simbolo delle tradizioni culinarie pasquali della Romagna. Era l’Azdora, così chiamata la tipica donna di casa romagnola, che preparava l’impasto con uova, zucchero, farina, strutto, latte e lievito, e che una volta creati i cosiddetti “filoni” da stendere sulla teglia, andava poi al forno comune del paese per cuocerli.
In centro a Bellaria c’era il “Forno della Maria” dove, in un clima di simpatica competizione per scegliere la ciambella più bella del paese, Maria indicava a ciascuna azdora il tempo di cottura necessario per poi andare a ritirare la propria ciambella.
Lasciando una scia di profumo di dolce appena sfornato, la ciambella avvolta in un panno, arrivava nelle case di ciascuna famiglia in attesa di essere gustata, assieme alle uova benedette, a colazione il giorno di Pasqua. Infatti, la ciambella romagnola non era semplicemente stato il dolce della domenica, ma il dolce della festa, il dolce di Pasqua da condividere con tutta la famiglia!
Ancora oggi, si prepara per le Festività Pasquali ma non solo. In Romagna non c’è momento di festa in compagnia che si rispetti senza gustare la ciambella e magari pucciarla in un bicchiere di Albana dolce!
Tonino Guerra, poeta romagnolo diceva “la buona cucina non nasconde mai il sapore della sua terra” e questo dolce davvero parla della nostra Romagna e delle sue radici.
Certo, “non tutte le ciambelle riescono col buco”, ma almeno in Romagna, anche se il buco non ce l’hanno, le ciambelle riescono sempre bene!
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